L'INVALIDITA' E L'INABILITA' ASSICURATE DALL'INPS: PROBLEMI MEDICO-LEGALI

Precedenti storici. Con la legge 17/7/1889 fu istituita in Italia una prima forma di assicurazione su base volontaristica, gestita da assicurazioni private e fallita in breve. Con la legge 30/5/1907, n. 376, fu creata la Cassa Nazionale di Previdenza, gestita dall'Ente pubblico, ma su base volontaristica. L'assicurazione divenne obbligatoria solo con legge 11/11/1917, n. 1907, limitatamente ai lavoratori dell'industria bellica.

Con la legge 21/4/1919, n. 603, l'assicurazione fu estesa a gran parte dei dipendenti ed affidata alla gestione della Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali che dal 1933 prese il nome di Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Con R.D.L. 4/10/1935, n. 1827, le norme relative all'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia furono riunite con quelle contro la tubercolosi, la disoccupazione involontaria, la nuzialità e la natalità, quest'ultima modificata dalla legge 26/8/1950, n. 860 in assicurazione per la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri, modificata poi con legge 30/12/1971, n. 1024.

Il RDL 14/4/1939, n. 636, fu stabilito il diritto alla pensione dei superstiti e furono fissati i limiti di età per il diritto alla pensione di vecchiaia a 60 a. per gli uomini e a 55 a. per le donne.

La legge 26/10/1957, n. 1047, estese l'obbligo dell'assicurazione ai coltivatori diretti, ai mezzadri ed ai coloni; la legge 13/3/58, n. 250, ai pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne; la legge 13/3/58, n. 264, ai lavoratori a domicilio; la legge 4/7/59, n. 463, agli artigiani e la legge 22/7/66, n. 613, ai lavoratori autonomi del commercio, per i quali i limiti d'età per la pensione di vecchiaia è stata stabilita a 65 e 60 anni.

L'assicurazione è sorretta da contributi base, il cui onere è totalmente a carico del datore di lavoro, e da contributi integrativi che sono ripartiti fra i datori di lavoro, 50%, i lavoratori assicurati, 25%, e lo Stato, 25%.

I contributi base formano la posizione assicurativa del lavoratore, mentre i contributi integrativi affluiscono al fondo adeguamento pensioni.

Il requisito contributivo per il diritto alla pensione di vecchiaia è di 15 anni, mentre per la pensione di invalidità è di cinque anni, dei quali almeno tre nell'ultimo quinquennio.

Evoluzione legislativa e giuridica del concetto di invalidità pensionabile.

Legge 21/4/19, n. 603: si considera inabile al lavoro l'assicurato la cui capacità di guadagno è ridotta a meno di un terzo del guadagno abituale normale delle persone che esercitano lo stesso mestiere nella stessa località (il termine "inabile" non aveva il significato di perdita totale della capacità di lavoro o di guadagno).

Legge 17/4/25, n. 473: è da considerare invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno, per effetto di una menomazione della sua capacità di lavoro, sia ridotta - nel proprio mestiere o in qualsiasi altra occupazione confacente alle attitudini o abitudini di lui- a meno di un terzo del guadagno normale e abituale delle persone che esercitano, nella località di dimora dell'assicurato, lo stesso mestiere che l'assicurato esercitava quando divenne invalido...

Legge 14/4/1939, n. 636: è da considerare invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente, per infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo del suo guadagno normale se operaio, o a meno della metà, se impiegato.

Sentenza 160/71 della Corte Costituzionale: è dichiarata illegittima la discriminazione (apparente) fra operai ed impiegati, per entrambi il limite pensionabile viene portato a "meno della metà".

Sentenza 2132/71 della Corte di Cassazione: "In tema di condizioni per la concessione della pensione di invalidità, occorre distinguere la capacità di lavoro e la capacità di guadagno; dovendo quest'ultima essere valutata di volta in volta in relazione alle generiche attitudini individuali dell'assicurato, l'indagine ai fini della concessione della pensione, non può limitarsi ad accertare la diminuzione della capacità lavorativa, ma deve avere riguardo a tutti gli elementi estrinseci dati dalle condizioni ambientali ed economico-sociali, nonchè dalle concrete possibilità di impiego offerte dal mercato, anche in rapporto alla concretezza che, in correlazione alle infermità del soggetto, possa limitare od escludere l'effettiva possibilità di collocamento e la proficua utilizzazione delle residue energie di lavoro".

Legge 3/6/75, n. 160: si considera invalido l'assicurato la cui capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotto in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

Legge 12/6/84, n. 222: il rischio assicurativo viene duplicato, le rendite previste sono l'assegno d'invalidità e la pensione d'inabilità. Art. 1: si considera invalido ai fini del conseguimento del diritto ad assegno nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità ... l'assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo. Art. 2: si considera inabile ai fini del conseguimento del diritto a pensione ... l'assicurato o il titolare di assegno d'invalidità con decorrenza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge il quale, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Elementi costitutivi dei concetti d'invalidità ed inabilità.

Capacità lavorativa. Va intesa come espressione di un rendimento meccanico dell'efficienza psico-fisica del soggetto; tale efficienza dipende da una serie di fattori individuali:

a) il sesso, orienta nella scelta delle attività lavorative; i lavori più onerosi sono ancora una prerogativa del sesso maschile;

b) l'età, è causa di una riduzione progressiva dell'efficienza fisica (la forza muscolare a 65 anni è circa il 75% della forza a 30 anni), ma l'aumento dell'esperienza favorisce l'esecuzione di quelle attività che richiedono impegno fisico e concettuale; con l'età si riduce anche l'attitudine lavorativa;

c) l'istruzione scolastica o professionale, modifica l'attitudine lavorativa del soggetto, rendendolo idoneo ad attività di concetto, che richiedono specifici titoli di studio, contemporaneamente rende "declassanti" le attività di semplice manovalanza;

d) lo stato di salute, condizioni patologiche, evolutive o meno, indipendentemente da una sicura attribuzione eziologica o dal riconoscimento del meccanismo patogenetico, sono capaci di menomare l'efficienza del soggetto, sia sotto il profilo anatomico che funzionale. Sotto la dizione di "infermità o difetto fisico o mentale" sono comprese le malattie, fisiche o psichiche, in evoluzione, le loro conseguenze ed i loro esiti stabilizzati, le alterazioni di natura congenita, i postumi di infortuni lavorativi, di malattie professionali e di fatti dipendenti da eventi colposi o dolosi di terzi o dell'assicurato (fatta esclusione per l'ipotesi di autolesionismo, prevista dall'art. 646 del c.p.).

Capacità di guadagno. La riduzione della capacità di lavoro comporta una riduzione della capacità di guadagno in base alla condizione sociale ed economica dell'ambiente. Se il mercato del lavoro è favorevole il portatore di infermità può ugualmente trovare un'utile collocazione. A questo scopo i Comitati Provinciali dell'INPS, in base alla legge istitutiva degli stessi dovevano espressamente esaminare la situazione socio-economica della provincia (art. 36, comma 2, D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, ora abrogato dall'art. 15 della legge 222/84). La corte di Cassazione ha però precisato in più sentenze (18 giugno 1975, n. 2547; 2 agosto 1975, n. 2964; 14 ottobre 1977, n. 4385) che le condizioni socio-economiche o topografiche andavano valutate "soltanto" quando il grado di riduzione della capacità di lavoro fosse "molto vicino" a quello fissato dalla legge come soglia pensionabile.

Occupazioni confacenti alle proprie attitudini. L'attitudine consiste nella disposizione individuale somatica o psicosomatica innata, che grazie a processi di maturazione e di apprendimento si manifesta con l'idoneità all'esplicazione di un'attività redditizia semplice o complessa. L'incapacità di lavoro non va riferita al lavoro specifico abitualmente espletato dall'assicurato e neppure ad un lavoro qualsiasi, generico e del tutto indifferenziato, ma richiede una valutazione individuale ed attitudinale, determinando caso per caso la rosa di attività che eventualmente ancora si addicono al soggetto minorato senza pericolo, usura o declassamento degradante.

Carattere permanente. Implica una condizione stabile e durevole, della quale non sia prevedibile la cessazione, non necessariamente immutabile nè continuativa per tutta la vita. Rispondono al requisito della permanenza le malattie croniche, i postumi stabilizzati, l'indebolimento e la perdita anatomica o funzionale di sensi o di arti. Anche le malattie a decorso accessionale, ciclico, discontinuo o stagionale possono costituire causa d'invalidità permanente qualora dimostrino una periodicità non infrequente nè breve, come le forme di epilessia ad accessi poco intervallati e le malattie che presentano regolari recrudescenze stagionali.

Legge 222/84: peculiarità medico-legali. La relazione alla legge vanta l'adeguamento dell'Italia alla raccomandazione espressa in proposito il 27/9/1966 dal Comitato economico e sociale della CEE. Va tuttavia rilevato che il suddetto documento, nell'auspicare l'introduzione da parte degli Stati membri di due categorie d'invalidità, quella parziale e quella totale, li sollecitava anche a conformare il concetto d'invalidità pensionabile al criterio della capacità di guadagno (adottato dalla maggioranza dei Paesi della Comunità).

Art. 1. Assegno ordinario d'invalidità. L'innovazione più appariscente e significativa della nuova disciplina dell'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità è indubbiamente la sostituzione della capacità di guadagno, nozione che risaliva al 1919, con la capacità di lavoro, come criterio di riferimento per la definizione del concetto stesso di invalidità pensionabile.

L'innovazione è stata motivata dalla supposta responsabilità nel fenomeno della proliferazione delle pensioni del criterio previgente. Uno studio del CNEL del marzo 1980 imputava invece gli effetti degenerativi del sistema ad una politica assistenziale promossa sia dalle forze politiche e sociali che dalla magistratura. Altri fattori venivano poi individuati negli effetti psicologici della sentenza n. 160 del 1971 della Corte costituzionale che, nell'abbassare anche per gli operai la soglia della invalidità pensionabile alla misura del 50%, ha favorito il radicarsi del concetto del pensionamento facile; nel più elevato limite d'età previsto per la pensione di vecchiaia dei lavoratori autonomi (con l'età aumentano le malattie degenerative); nella evasione contributiva che ha spesso reso la pensione d'invalidità un surrogato di quella di vecchiaia; nella costituzione di rapporto di lavoro fittizi o di comodo, con la successiva prosecuzione volontaria della contribuzione. Concludeva pertanto il CNEL escludendo che sia il riferimento alla capacità di guadagno il fattore principale dell'abnorme aumento delle pensioni d'invalidità.

E' poi ampiamente dimostrabile come il riferimento alle condizioni socio-economiche abbia operato anche in senso restrittivo, come è più che evidente in materia di revoca e quando si è dovuto distinguere categorie di lavoratori che, improvvisamente equiparate dal legislatore, hanno connotazioni lavorative, di reddito e di "mercato del lavoro" sensibilmente diverse (art. 22 l. 9/1/63. n. 9 "ai fini dello stato d'invalidità equipara i coltivatori diretti, i coloni e i mezzadri agli operai agricoli"; art. 17 l. 22/7/66, n. 613 "equipara gli esercenti attività commerciali e familiari coadiutori agli impiegati"; art. 6 l. 4/7/59, n. 463 "equipara gli artigiani e i loro familiari agli operai delle categorie non agricole").

Molti A.A. sostengono perciò che la razionalizzazione dell'invalidità pensionabile fosse perseguibile anche attraverso aggiustamenti della disciplina basata sulla capacità di guadagno; d'altra parte nessuno può garantire che, in nome di esigenze di giustizia sostanziale, non finisca per affermarsi in sede giuridica che non è vera capacità di lavoro quella che non ha concrete possibilità di esercizio.

Il bene protetto non è più la potenzialità lucrativa, ma l'integrità dell'attitudine psico-fisica al lavoro, così soggetti gravemente menomati , ma che per favorevoli circostanze mantengono una capacità di guadagno sostanzialmente piena, hanno diritto all'assegno, viceversa soggetti non gravemente lesi, ma che per la particolare affezione o per le caratteristiche del mercato rimangono di fatto esclusi da ogni attività, non hanno neppure il diritto all'assegno.

L'articolo in esame accoglie inoltre il principio che l'invalidità preesistente all'assicurazione (rischio precostituito) dà diritto alla prestazione previdenziale purchè vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità. Tale disposizione è riferita espressamente all'assegno ordinario d'invalidità, mentre non figura, evidentemente per un'imperfezione tecnica della norma, nell'enunciato della pensione d'inabilità.

Al compimento dell'età stabilita per il diritto di pensione di vecchiaia, l'assegno d'invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione, in pensione di vecchiaia, risolvendo gli incovenienti "statistici", dovuta al permanere della qualifica d'invalidità ed imponendo, con la trasformazione , il ricalcolo della prestazione, onde evitare la richiesta di revoca di alcuni invalidi, che avendo continuato a versare contributi, vogliono avvantaggiarsi di un criterio più favorevole rispetto alla maggiorazione.

Art. 2. Pensione ordinaria di inabilità. Il precedente concetto d'inabilità, ai fini del diritto al trattamento di famiglia sulle pensione per i figli maggiorenni e per l'acquisizione di questi della titolarità della pensione ai superstiti, è statuito dall'art. 39 del D.P.R. 26/4/57, n. 818: "Ai fini dell'applicazione degli artt. 12 e 13, sub art. 2, della legge 4 aprile 1952, n. 218 ... si considerano inabili le persone che, per grave infermità fisica o mentale, si trovano nella assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro".

Nella legge 222/84 la frase "per grave infermità fisica o mentale" è stata sostituita con "a causa di infermità o difetto fisico o mentale", realizzandosi in tal modo l'ampliamento valutativo degli stati morbosi inabilitanti, oltre che alle infermità anche ai difetti fisici o mentali, l'eliminazione di ogni riferimento alla maggiore o minore gravità delle condizioni bio-psichiche e l'accentuazione del nesso eziologico tra infermità o difetto fisico o mentale e "assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa".

Il riferimento ad un "lavoro proficuo" aveva portato ad accertare l'inabilità, analogamente all'invalidità, sia in base alle condizioni soggettive della persona che ai fattori ambientali, valutando la assoluta incapacità del soggetto a procurarsi, con la residua efficienza psico-fisica, l'autosufficienza economica. Per coerenza con il contesto generale della legge, l'inabilità è stata quindi correlata alla impossibilità di dedicarsi a qualsiasi attività lavorativa.

Art. 3. Esclusione dall'assegno di invalidità e dalla pensione d'inabilità. Era prevista per gli assicurati che avessero presentato domanda dopo il compimento dell'età pensionabile. La norma è già stata dichiarata incostituzionale.

Art. 4. Requisiti di assicurazione e di contribuzione.

a) Minimo assicurativo: rappresenta il periodo minimo che deve intercorrere tra la data di inizio dell'assicurazione e la data di richiesta della prestazione, è di 5 anni.

b) Minimo contributivo assoluto: richiede il possesso di 5 anni di contribuzione (60 mesi o 260 settimane).

c) minimo contributivo relativo all'ultimo quinquennio precedente la richiesta della prestazione. Nello schema concettuale originario assolveva alla funzione di correlare l'evento invalidità all'attualità dell'assicurazione, per cui il rischio non era coperto dall'assicurazione obbligatoria quand'essa fosse rimasta inattiva per oltre un quinquennio. Il requisito precedente di un anno è stato elevato a tre anni.

Art. 5. Assegno mensile per l'assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità. Più che un'innovazione è il recepimento di un istituto già largamente utilizzato, come gli artt. 76 e 218 del testo unico approvato con D.P.R. 30/6/65, n. 1124, per i titolari di rendita a carico dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, l'art. 6 del D.P.R. 30/12/81, n. 834, per i pensionati di guerra, l'art. 3 della l. 2/5/84, n. 111, per i titolari di pensione privilegiata a carico dello Stato, gli artt. 1 delle ll. 22/12/79, n. 682, e 11/2/80, n. 18 riguardo ai minorati civili colpiti da cecità assoluta o da totale inabilità.

Il fattore oggettivo è identificato nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o nella necessità di una assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita. Le menomazioni che possono essere considerate ai fini dell'erogazione dell'assegno non sono tabellate, quindi qualsiasi menomazione può essere determinante ai fini dell'assegno, purchè "permanente e continua". Il diritto al riconoscimento dell'assegno in esame può avvenire solo contestualmente o successivamente al riconoscimento della pensione di inabilità.

art. 6. Assegno e pensione privilegiati. Questo istituto era stato introdotto nell'assicurazione generale obbligatoria con l'art. 12 della l. 21/7/65, n. 903. La prima modifica è innanzitutto la previsione del doppio livello di tutela, la seconda riguarda la qualificazione della tutela che deve essere connessa a "cause di servizio", dove il termine al plurale è la conferma del passaggio dalla causa unica (propria della legislazione degli anni venti) alle concause.

Il requisito contributivo prima stabilito in almeno un anno viene abolito: è sufficiente che abbia avuto inizio il rapporto di lavoro che dà origine all'obbligo assicurativo. L'automatismo della prestazione di cui all'art. 40 della l. 30/4/69, n. 153, produce infatti i suoi effetti anche a tal fine.

La particolare disciplina dell'art. 6 si applica soltanto al regime generale del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e non alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi.

L'elemento costitutivo del diritto è che l'invalidità e l'inabilità risultino in rapporto causale diretto con finalità di servizio. Non è precisata una specifica area di attività protetta, ma tutto lo svolgimento delle attività connesse con il rapporto di lavoro è protetto, è perciò un'area di tutela più ampia di quella infortunistica ed assimilabile a quella del pubblico impiego. Questa estensione riguarda anche gli spostamenti che il lavoratore deve effettuare per motivi di servizio, compresi quelli connessi con il raggiungimento del luogo di lavoro. E' il primo parziale recepimento da parte del legislatore dell'infortunio in itinere già regolamentato dalla giurisprudenza, così come il superamento della causa unica, diretta ed immediata con l'ammissione di più cause purchè efficienti e determinanti.

art. 8. Definizione di inabilità ai fini previdenziali. Recepisce il nuovo concetto d'inabilità anche per quelle prestazioni previdenziali per cui l'inabilità è un requisito essenziale (assegni familiari, maggiorazione di pensione, reversibilità).

Art. 9. Revisione dell'assegno d'invalidità e della pensione d'inabilità. Stabilisce una dettagliata regolamentazione per la revisione degli assegni d'invalidità e delle pensioni di inabilità ordinari e privilegiati in pagamento basata comunque sul potere discrezionale dell'ente erogatore. La revisione è però obbligatoria quando risulta che, nell'anno precedente, il titolare dell'assegno d'invalidità abbia percepito un reddito da lavoro dipendente e/o autonomo o professionale o d'impresa, per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l'ammontare del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Altra eccezione alla regola è data dall'art. 68 della l. 30/4/69, n. 153, che a suo tempo ha sottratto al principio della possibile revoca della pensione i ciechi.

La revisione può aver luogo anche su istanza dell'interessato sia per una variazione in meglio che in peggio della capacità lavorativa dell'assicurato.

Il comma 4 dell'art. 9 stabilisce che l'ente erogatore è tenuto a sospendere il pagamento delle rate di assegno d'invalidità o di pensione d'inabilità, se il titolare rifiuta di sottostare, senza giustificato motivo, agli accertamenti disposti dall'ente erogatore medesimo nel corso della procedura di revisione.

Il giudizio finale può essere di conferma della prestazione, di revoca dell'assegno o della pensione, di rettifica della pensione con mantenimento del diritto all'assegno.

art. 14. Surrogazione. Da un fatto lesivo sorgono a favore del danneggiato due diversi diritti: uno, verso l'assicuratore, alla corresponsione dell'indennità assicurativa e l'altro, verso il terzo responsabile, al risarcimento del danno.

In un primo tempo il legislatore non si preoccupò di evitarne il cumulo, ma nella pratica quotidiana invalse l'uso di far sottoscrivere all'assicurato una dichiarazione con cui egli faceva cessione all'assicuratore di ogni diritto spettantegli verso il terzo responsabile. Successivamente tale clausola fu resa legge prima, con l'art. 438 del codice di commercio del 1882, poi con l'art. 1916 del c.c., il quale stabilisce testualmente che "l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso terzi responsabili".

Tale norma intende salvaguardare il cosiddetto principio indennitario, secondo cui il fatto lesivo non deve costituire fonte di lucro per il danneggiato.

All'assicuratore compete da parte del terzo il rimborso della somma spesa per l'indennità pagata e, in base alla sentenza 4/3/78, n. 1079 della Cassazione, anche le spese per accertamenti e valutazioni peritali.

Art. 15. Modifica dell'art. 36 del D.P.R. 30/4/70, n. 639. Con l'unico comma dell'articolo in esame viene espunto dal testo della legge interessata la disposizione che attribuisce ai Comitati provinciali dell'INPS il compito di esaminare la situazione socio-economica della provincia ai fini dell'istruttoria e dell'adozione dei provvedimenti in materia di invalidità pensionabile.

La valutazione dell'invalidità e dell'inabilità. La valutazione dei due diversi "stati" non appare oggi, con la nuova legge, meno difficoltosa di quanto già non lo fosse. Poichè infatti dovrà sempre farsi riferimento alle occupazioni confacenti alle attitudini dell'assicurato, il giudizio dovrà essere sempre rapportato alla singola persona. Nè per il giudizio dovrà essere fatto esplicito riferimento alle tabelle delle valutazioni del grado percentuale di invalidità permanente dell'INAIL, in quanto esse fanno esplicito riferimento al lavoro generico, vale a dire ad un tipo di lavoro manuale medio, del tutto estraneo a qualifiche e specializzazioni, e non già ad un lavoro che, come appunto nell'assicurazione previdenziale, anche se non rigorosamente "specifico" è però "quasi specifico", o meglio "attitudinale". Tale lavoro non va riferito solo al suo tipo ed alla sua qualità, ma anche alla possibilità di indirizzi diversi, purchè similari.

Le voci di menomazione sono inoltre limitate quasi esclusivamente ad esiti di lesioni traumatiche, senza accenni a malattie cardiovascolari, bronco-polmonari, epatiche, renali alle nevrosi o alle artrosi.

Qualche cauto riferimento potrebbe farsi alle tabelle delle percentuali di invalidità civile, nelle quali si fa prevalentemente riferimento alla patologia spontanea, mentre il rapporto alle attività confacenti è attuato mediante una variazione di ±5 punti percentuali del valore tabellare.

ELEMENTI COSTITUTIVI DEI CONCETTI D'INVALIDITA' ED INABILITA'

1) capacità lavorativa;

2) capacità di guadagno;

3) occupazioni confacenti alle proprie attitudini;

4) carattere permanente.

Normativa vigente: legge 12 giugno 1984, n. 222.

Art. 1 - Assegno ordinario d'invalidità.

Art. 2 - Pensione ordinaria d'inabilità.

Art. 4 - Requisiti amministrativi.

Art. 5 - Assegno mensile per l'assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità.

Art. 6 - Assegno e pensione privilegiati.